martedì 26 novembre 2013

Quando l'economia ha un cuore.

Vision, end result, purpose, achievement, setting goal. 25 ore di corso in tre giorni e queste parole mi sono state ripetute un numero di volte che non sarebbe stato umano contare. Project management methodology, un corso che avrei potuto rinominare buonsenso. Un professore a cui piacevo, perché come al mio solito per quanto mi sforzi non riesco a tenere la bocca chiusa senza dire la mia. E che non mi piaceva. Non voglio fare un riassunto di un esame che ho probabilmente fallito né il riassunto di 150 slides, solo scrivere, per ricordarmi un giorno, che qualcosa di buono l’ho imparato. che magari lo sapevo già, ma avevo sempre lasciato dietro una porta semichiusa.





Siediti, davanti a uno specchio, guardati, e non intendo controlla il mascara, i punti neri o la ricrescita della barba, guardati. Ora chiudi gli occhi, pensa a cosa vorresti essere fra 10 anni, a chi vorresti essere. Apri gli occhi, e guarda ora quella persona davanti a te. Sembra lontana, estranea e forse irraggiungibile, carismatica e sicura di sé, è esattamente tutto ciò che vorresti essere tu. 


Ma così lontana non lo è. Tutte le piccole azioni, i piccoli passi che stai facendo oggi, le cose in cui stai inciampando e quelle in cui stai fallendo, faranno di te quella persona. 
E se realizzi che quello che stai facendo non ti sta portando li, o se semplicemente quello che stai facendo è risultato di un flusso incontrollabile di eventi e non l’hai deciso tu, semplicemente smetti di farlo. Concentrati su te stesso, per diventare quella persona prima di tutto quella persona devi conoscerla, averla guardata, fatta tua. Devi avere uno scopo, quella cosa che in economia chiamano con tanti nomi diversi e articolati, che fondamentalmente si chiama consapevolezza. Non puoi alzarti ogni mattina e vivere senza un obiettivo a lungo termine. Non lasciare che nessuno ti dica che quell’obiettivo è sbagliato, non desiderabile o stupido, quelle parole non hanno senso. E probabilmente la persona che te l’ha detto quell’immagine nemmeno ce l’ha.


E così scopri che anche l’economia ha un cuore, che non puoi intraprendere un progetto senza conoscere il risultato che da quel progetto vuoi, che non puoi avere un'azienda se non sai dove quell'azienda vuoi portarla. E se non credi tu stesso nel risultato. E noi in questo dobbiamo essere economia. 
Non puoi correre senza sapere dov’è l’arrivo. E' l’arrivo che ti da la forza di continuare, nonostante il fiato corto, i crampi, le difficoltà. Ed è quello a cui penso nei momenti di sconforto, lontano da casa o in cui tutto per un motivo o per l’altro sembra precipitare. Trova il tuo arrivo, pensa a quella persona che stai guardando dall’altra parte dello specchio. E inizia a correre.


domenica 17 novembre 2013

Una domenica. E James Perse.






Domenica. E vorrei vivere in un mondo di James Perse. 
Un piede nudo che scivola fuori dal piumone sul legno chiaro, una tazza di caffè e poi di nuovo a letto. Un abbraccio caldo, tra cachemire seta e pelle, quella umana, un raggio di sole che fa capolino dalle tende e ti dice buongiorno. 
Los Angeles e la California, una casa per il weekend dal design minimalista e caldo, rassicurante. Un cane che ti guarda, che abbandoni il piumino solo per una tuta, apri la porta e lasci correre in riva al mare. James Perse nel mio immaginario, e forse anche nel suo, è tutto questo. 
Nato e cresciuto tra la spiaggia e la boutique paterna non ha fatto altro, negli anni, che lasciare libera la sua creatività, dando forma a ciò che cercava ma ancora non c'era. La sua moda è uno stile rilassato, sia nei prodotti che nella vendita, nei suoi negozi incontri chaise lounge, aree dedicate ai bambini, tavoli da ping pong, piacevoli drink analcolici e computer, per voi uomini dipendenti dalla tecnologia e troppo pigri per prestare attenzione oltre la seconda prova della vostra amata. 
Lo scopo di James Perse è offrire abiti confortevoli, semplici e puliti, ma di qualità e con attenzione ai particolari. Fiero del Made in Usa dei suoi prodotti, considera i suoi negozi come lo strumento ideale per veicolare la filosofia del brand, ma vende anche attraverso selezionati retail e, dal 2007, online. 
James Perse è sinceramente tutto quello che vorrei mettere in valigia per un weekend. E se proprio avanza spazio metto in valigia anche il modello.










venerdì 8 novembre 2013

#DIESELTRIBUTE


Oggi se ne parla ma mai abbastanza, quindi mi sento in dovere di farlo anch’io.
Prendi uno dei maggiori brand, Diesel, con tutta l’italianità dei suoi prodotti e del suo padrino Renzo Rosso, aggiungici il nuovo designer italo giapponese, Nicola Formichetti, con un tutto il suo estro creativo e la genialità che solo lo stylist di Lady Gaga può avere, mescola il tutto con lo speziato carattere grunge che puoi trovare solo in un negozio londinese a Soho e informa il tutto solo dopo aver controllato che l’impasto abbia la giusta dose di tecnologia e innovazione e, voilà, otterrai #DieselTribute.


Nicola Formichetti, nuovo direttore creativo da questa primavera, ha deciso di rendere omaggio al mondo Diesel con una collezione limitata, completamente hand-made, realizzata mettendo mano agli archivi della maison e focalizzata su due temi cult per Diesel: il denim e la pelle. DieselTribute è la prima manifestazione della presenza del nuovo designer, un anticipazione prima del grande debutto la prossima primavera, ma sono già chiari i propositi e gli obiettivi di questa collaborazione, tesa a dare una nuova immagine e nuovo slancio al marchio.





In antitesi con l’artigianalità dei capi, la promozione degli stessi è stata intrapresa attraverso due parole chiave: digital e social. La campagna infatti, realizzata con Nick Knight e con il team di creativi di SHOWstudio, è stata interamente girata con un iPhone tramite l’utilizzo di app come Glitchè, MegaPhoto e Instagram. Le immagini si sovrappongono, si scompongono, mantenendo intatto il DNA Diesel.
#DieselTribute, Diesel Reboot, un direttore creativo che posta video amatoriali sul sito ufficiale. Si respira aria nuova in casa Diesel. 


Nient'altro da aggiungere, il denim parla da sé. 

Immagini via www.diesel.com



giovedì 7 novembre 2013

Grigio

Non amo i piatti tiepidi, le situazioni grigie. Non amo le persone ambigue, le relazioni a metà, le amicizie insipide. Sono bianco o nero, indifferenza o amore incondizionato. Amo il grigio solo se con degli alamari e nel mio guardaroba, con un cappuccio o una zip, di cachemire o seta, o cachemire e seta insieme, per coordinarlo indistintamente a un paio di Ugg nelle fredde sere d'inverno al cinema o a un paio di boots borchiati se oggi ti senti particolarmente Kate Moss. Un carattere non semplice che richiede pazienza, una fiducia che una volta conquistata puoi stare sicuro durerà. Un cuore diffidente ma sicuro di sé, che se vuole una cosa non esita a lottare, che a volte si indurisce per paura di essere scalfito. Ma che ogni tanto ama fantasticare o ricordare le sensazioni dei 15 anni. 
Potrò e vorrò sempre migliorare, a cominciare dal mettere le banconote nella tasca delle banconote e dal capire l'utilità dei cassetti della biancheria, lascerò uno spiraglio aperto alle persone che seppur tiepide avranno qualcosa da insegnarmi. Esprimere il positivo, sempre, perché forse troppe poche persone sanno riconoscere dietro le costanti e perpetue lamentele il cuor contento che sono sempre stata per mamma.
In ogni caso il grigio inonderà il mio armadio, sulle spalle o ai miei piedi, perché se conosci il bianco e il nero puoi giocare con le sfumature, indossando allo stesso tempo un filo di perle e una giacca di pelle.



 Stefanel

Stefanel

Candy cigarette

Patrizia Pepe

Mango



Ugg

Burberry